Succede a Civitavecchia - 4. 2.300.000 sul conto… ma l’Assessore non lo sa

Circa tre milioni di euro sono stati trovati sul conto intestato all’Assessore al Turismo e al Commercio del Comune di Civitavecchia Enzo De Francesco nella filiale di Vicenza della Banca Popolare di Puglia e
Basilicata Nonostante il clamore della notizia lo abbia costretto alle dimissioni, l’Assessore nega tutto, sostenendo che i suoi dati, in realtà, sono stati presi da un consorzio romano che si occupava di logistica che avrebbe amministrato nel 2004, disconoscendo le firme sugli atti (confermate nvece dalla banca) ed affermando che, peraltro, il conto sarebbe stato aperto dopo che la ditta aveva smesso di operare (ma dalla visura risulta ancora attiva ndr). La vicenda, partita da un’indagine dalla Fiamme Gialle nel 2006 e sulla quale sta indagando la procura di Vicenza, ha aperto uno scenario inquietante sulle operazioni in corso sul territorio e sui soggetti che in esse operano, in un gioco di società che nascono, si fondono e vengono liquidate e in una giostra di amministratori che risultano, di fatto, essere sempre
gli stessi (Nadia Finco, Maurizio Tollio, Gianluca Grande, etc). Personaggi già noti agli inquirenti per essere stati in passato coinvolti in vicende di truffe, bancarotte fraudolente, evasioni fiscale, e che ritroviamo dietro la, quantomeno irrituale, concessione portuale venuta alla luce durante le indagini per individuare i legami tra i personaggi in questione e Civitavecchia. Concessione rilasciata alla Orofusioni, società che si occupa di lavorazione di metalli come platino e titanio. Irrituale perché certo la Orofusioni
non può essere classificata quale impresa portuale e deve aver presentato un piano aziendale estremamente convincente per far sì che l’Autorità Portuale rilasciasse una concessione che peraltro, con modalità altrettanto irrituali, è passata di mano in mano fino alla CSC srl di Montalto (azienda con il 79% del capitale intestato a una finanziaria di San Marino) che si occupa di ben altre lavorazioni (carpenterie, officine meccaniche, scavi, movimento terra, edilizia e riparazioni navali). Al di là della vicenda giudiziaria che spetta alla magistratura chiarire, quanto accaduto pone una serie di interrogativi su come e a chi venivano e vengono rilasciate le concessioni portuali, cosi come, visto che dopo cinque anni dal rilascio della concessione di quanto previsto è stato realizzato, su chi ricade la responsabilità dei controlli sul rispetto di quanto dichiarato dalle società in sede di rilascio dell’atto concessorio. Quesito importante perché eviterebbe che lo scalo sia oggetto di appetiti speculativi che nulla portano all’economia reale dello stesso e che rischiano di essere lo strumento di operazione quantomeno poco
chiare ed inquietanti. Basti ricordare, tanto per fare un esempio, che la CSC srl opera nell’ambito del consorzio Comonsi, che vede tra le società consorziate la Bioenergia E Ambiente Srl (già Tuscania Bioenergia srl), società che ha presentato il progetto per una centrale a biomasse tra Tuscania e Tarquinia e per la quale la nostra Associazione, già da tempo, ha chiesto alla Direzione Investigativa Antimafia di porre in essere una verifica circa la provenienza dei capitali investiti. Sarà anche questa una “fortuita coincidenza”, ma certo è che trasparenza (ad esempio la pubblicazione di tutte le concessioni portuali e/o in zone industriali) e maggiori controlli eviterebbero il clima di sospetto che il senso gelatinoso di illegalità sta diffondendo, evitando i conseguenti gravi danni all’economia locale. Cercando, infine, di riprendere il bandolo della vicenda De Francesco, sarebbe bene che fosse chiarito da dove provengono quei 2.300.000 euro che, secondo una moda in voga negli ultimi tempi, sono transitati sul conto dell’Assessore, a sua insaputa.

(Tratto da Tarquinia Città)

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