BIOGAS E GLI ORRORI DEGLI INCENTIVI DEI FAMOSI E MALEDETTI CIP 6

Perchè no?

Sottrazione di terreni all’agricoltura per destinarlo alla produzione di bio-energie 

http://it.wikipedia.org/wiki/Biogas

La dimensione degli impianti non rende in alcun modo l’idea del terreno necessario a coltivare il mais e altri prodotti per alimentare l’impianto, che si aggira sui 300 ettari per ogni MW. Preoccupazioni su questa situazione ha espresso recentemente il Ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania: “Sulle energie rinnovabili in agricoltura – ha detto – serve una immediata inversione di tendenza, distinguendo tra le iniziative buone e quelle che non lo sono”. In particolare per quanto riguarda il fotovoltaico ha sottolineato che “sottrae terreni destinati a produrre beni alimentari e ha una ricaduta negativa sugli affitti”, e propone una revisione dell’attuale politica degli incentivi.

Vediamo come funzionano questi incentivi per il biogas (informazioni tratte da Report, del 10.4, 8.10. e 18.12.2011):

  • l’energia elettrica ottenuta bruciando il metano che deriva dalla bio-digestione viene a costare 22 centesimi al Kwh,

  • sul mercato lo stesso Kwh costa però solo 7 centesimi; gli impianti sono quindi antieconomici. Considerati da un altro punto di vista hanno un pessimo il bilancio energetico: uno studio condotto negli USA mette in evidenza che, per coltivare un ettaro a bio-mais si spendono (macchine, fertilizzanti, carburanti etc.) 8.200.000 calorie e se ne ottengono in bio-mais appena 9.800.000.

  • allora per rendere conveniente la produzione lo Stato versa un incentivo di 28 centesimi per Kwh,

  • questo è possibile grazie ad una norma del 20 febbraio 2009 che equipara gli impianti di biogas alle fonti di energia rinnovabile (solare ed eolico).

  • Con questi incentivi l’utile di un impianto di 1 MW si aggira sui 500.000 euro l’anno

E quali sono le conseguenze? Sempre più terreni passano dall’agricoltura tradizionale alle colture per il biogas. Il terreno agricolo ceduto per queste due attività in Italia è stato finora di quasi 2 milioni di ettari; la Lombardia è la regione che ne ha ceduto di più, e la sua terra coltivabile è ora meno di un milione di ettari.

Per il bio-gas il record spetta alla provincia di Cremona – con 123 impianti e un quarto della superficie agricola destinata a colture energetiche. L’affitto dei terreni nel cremonese è triplicato e in alcuni casi quadruplicato (da 4-500 a 1.600, con punte fino a 2.000 euro per ettaro) mettendo in seria difficoltà gli allevatori che producono il 10% del latte nazionale, destinato ad una produzione d’eccellenza: il grana padano. Per questa ragione più di un anno fa la Coldiretti di Cremona, nella persona del suo direttore Simone Solfanelli, ha chiesto alla Regione e alla Provincia di non autorizzare più impianti a biogas.

Due agricolture, in rapporto di concorrenza sleale – Una così massiccia sottrazione di territorio agricolo alle produzioni tradizionali, e il conseguente aumento del prezzo degli affitti, non stanno creando una situazione di concorrenza non proprio leale tra gli agricoltori che coltivano mais e altro per le centrali a biogas, i quali ricevono forti incentivi dallo Stato, e i loro colleghi che producono cibo per noi e per le bestie e i nostri prodotti caratteristici, i quali oltre a non ricevere incentivi, risultano penalizzati dall’aumento degli affitti dei terreni? E che dire del fatto che questi prodotti per la nostra alimentazione vengono sempre più importati, spesso da paesi che non applicano norme rigorose come le nostre a tutela della salute dei consumatori (l’Europa da grande esportatrice ne è diventata la maggiore importatrice)?

Se anche il Ministro delle Politiche Agricole manifesta delle perplessità a proposito di quest’uso degli incentivi, non è forse venuto il momento di affrontare il problema della crisi dell’agricoltura non con benefici puramente economici a favore di alcuni – quelli, per intenderci che hanno accesso al credito bancario – a svantaggio delle piccole e medie aziende che costituiscono il tessuto connettivo della nostra agricoltura?

Inquinamento – Uno studio effettuato negli USA e riportato dall’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova mostra che l’inquinamento atmosferico prodotto dalla combustione di biogas per produrre energia (il procedimento che sarà adottato dagli impianti nel nostro territorio) presenta quantità di ossidi di azoto e zolfo e di polveri sottili, molto più elevate di quelle prodotte dai derivati del petrolio. A questo si deve aggiungere l’inquinamento dovuto ai trasporti. Si tratta di un inquinamento che avviene a ciclo continuo, al quale va ad aggiungersi il calore immesso in atmosfera (si potrebbe utilizzare per teleriscaldamento ma questo richiederebbe, per essere conveniente, che gli impianti fossero vicini ai centri abitati, fatto che avrebbe una forte contropartita negativa).

Impatto ambientale – Oltre ai fenomeni già segnalati vanno considerati: l’inquinamento generato dai mezzi di trasporto di insilati (in entrata) e digestato (in uscita), l’usura delle strade, lo smaltimento degli impianti una volta dismessi etc.. Si fa sempre più strada la convinzione che alla valutazione corrente di impatto ambientale si debba sostituire l’analisi del ciclo di vita, che consente una stima più veritiera delle conseguenze delle attività umane sull’ambiente (vedi approfondimento).

Viabilità – Poco o tanto il trasporto dei materiali da e per gli impianti di biogas avranno un impatto negativo anche sulla viabilità, esistente. Si fa mai una rilevazione del numero dei mezzi che attraversano i nostri centri abitati e sulla loro velocità? Agli imprenditori agricoli chiediamo: quali materiali saranno utilizzati? Da dove verranno e quali saranno i tragitti percorsi, con quale frequenza? Quando gli impianti avranno esaurito il loro ciclo di vita chi li smaltirà e chi provvederà alla bonifica? Agli amministratori chiediamo invece: come sarà fatta la manutenzione delle strade e a spese di chi? Non si corre il rischio che tutto gravi su comuni e province, sottraendo fondi ad altre importanti voci di spesa?

Compensazione – La somma che spetta ai Comuni, allo scopo di compensare il disagio per la popolazione e il degrado ambientale, è corrisposta una sola volta e non tutti gli anni. Nel caso degli impianti a biogas da 1 MW è pari a 60.000 euro.

L’aumento dei consumi di carne, bovina, suina, ovina e avicola, e quello delle uova, ha moltiplicato numero ed estensione degli allevamenti, i quali devono smaltire gli escrementi e le lettiere di questi animali, che contengono più o meno elevate percentuali di nitrati. L’uso di questi reflui come fertilizzanti ha creato il problema della difesa delle acque, soprattutto quelle profonde, dall’inquinamento da nitrati, in particolare nell’area dove più massiccia è la presenza di queste attività, cioè la pianura padano-veneta-friulana. Sulla tutela della qualità delle acque è intervenuta la normativa europea, la cui conseguenza più immediata è stata il controllo e la limitazione nell’uso dei nitrati in funzione della vulnerabilità all’inquinamento delle diverse aree geografiche. Per gli approfondimenti vedere: la cartella “Direttiva Europea Nitrati”.

http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/Salviamo-il-clima/Le-soluzioni/Agricoltura-sostenibile/

Capalbio Prof. Bohnel

Anche a Tarquinia volevano realizzare un impianto di Biogas ma è stato bloccato nell’iter dall’ ufficio Via della Regione Lazio rimandando a Via il progetto

http://www.regione.lazio.it/rl_ambiente/?vw=progetti

12/07/2012 – Ampliamento Impianto raccolta differenziata e compostaggio con sistema anaerobico per produzione energia in loc. Olivastro.
proponente: CONSORZIO PELLICANO
comune: Tarquinia
provincia: VT

Det._052_2012 rinvio a via

: PRONUNCIA DI VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ A V.I.A. AI SENSI
DELL’ART. 20 DEL D.LGS.N.152/2006 E S.M.I. PER INTERVENTO DI
“AMPLIAMENTO IMPIANTO RACCOLTA DIFFERENZIATA E IMPIANTO DI
COMPOSTAGGIO CON SISTEMA ANAEROBICO PER PRODUZIONE
ENERGIA” NEL COMUNE DI TARQUINIA (VT) IN LOCALITÀ OLIVASTRO
SNC – Proponente CONSORZIO PELLICANO
Registro elenco progetti n. 52/2012