Il TAR non prende in esame il motivo del ricorso sul dearsenificatore, obbligatorio per le industrie alimentari. Si prepara il ricorso al consiglio di stato!

Pubblichiamo il comunicato stampa del SIB Tarquinia e la sentenza del TAR Lazio sul tema dell’Arsenico che presto sarà impugnato al consiglio di Stato.

Non vogliamo dare letture scontate sulla sentenza ma è evidente che il tribunale del TAR non è entrato nel merito del ricorso di cui riportiamo fedelmente il punto su cui si chiedeva la valutazione.

L’ordinanza del Sindaco del Comune di Tarquinia n. 8194 del 29 ottobre 2011 impugnata ordinava: di attuare “i necessari provvedimenti …affinché l’acqua introdotta come componente integrante e sostanziale nei prodotti finali (acqua intenzionalmente incorporata negli alimenti) non presenti concentrazioni di Arsenico superiori ai limiti stabiliti dal D.L. vo 31/01 (10mcg/l) sotto il profilo sanitario”.

In tal modo, in buona sostanza, viene imposto anche al più piccolo ristoratore o al bar di farsi carico di obblighi ed oneri che, per legge, farebbero carico solo ed esclusivamente al Comune.

L’Ordinanza impugnata impone alle industrie alimentari impropriamente dette, di attuare i necessari provvedimenti al fine di evitare che l’acqua introdotta come componente integrante e sostanziale nel cibo, non presenti concentrazioni di Arsenico superiori ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 31/01 (10mcg/l).

Va da sé, come anche chiarito nella informativa della competente A.U.S.L. di Viterbo, che, concretamente, l’esercente laddove intenderà utilizzare l’acqua fornita dalla rete idrica pubblica e non vorrà o non potrà avvalersi di un approvvigionamento idrico alternativo dovrà dotarsi di apposito impianto di dearsenificazione atto a riportare i valori di arsenico dell’acqua erogata dal gestore idrico entro i limiti di 10 microgrammi/litro facendosi carico di costi particolarmente onerosi che molti non sono in grado di sostenere.

In tal modo, dunque,  si richiede di installare ed utilizzare quei sistemi di potabilizzazione che con ordinanza 3921 della Presidenza del Consiglio dei Ministri lo Stato ha previsto di installare a tutela della salute pubblica per le reti idriche comunali, previa esecuzione di opere.

Val la pena di ricordare che così operando, risulta violato l’art. 11 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001 n. 31 che riserva alla competenza statale fra le altre, l’adozione di prescrizioni tecniche concernenti l’impiego delle apparecchiature tendenti a migliorare le caratteristiche dell’acqua destinata al consumo umano distribuita sia in ambito domestico che nei pubblici esercizi.

Purtroppo

Nel nostro ordinamento giuridico nonostante l’espressa riserva contenuta all’art. 11 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, non esiste una normativa di riferimento sulle tecniche di dearsenificazione, sulla tecnologia da impiegare nella costruzione degli impianti e, dunque, allo stato, non è possibile verificare scientificamente il raggiungimento degli obiettivi che detti impianti si prefiggono.

Non è dato sapere quali garanzie esistano per la salute pubblica e dunque che, all’esito del trattamento, le acque dearsenificate, non siano ugualmente dannose per l’impiego nel trattamento di sostanze altrettanto pregiudizievoli per la salute.

Una volta installato l’impianto poi, quali garanzie avrebbe il cittadino circa il suo buon funzionamento, la sua corretta manutenzione e/o impiego?

Pubblichiamo il comunicato stampa e la sentenza del TAR Lazio che verrà a breve impugnata al consiglio di stato

Ricorso consiglio di stato

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 227 del 2012, proposto da:
Sindacato Italiano Balneari Comune di Tarquinia, Soc xxxxxxxxxxxxxxxx, rappresentati e difesi dall’avv.

contro

Comune di Tarquinia, rappresentato e difeso dall’avv.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

per l’annullamento

dell’Ordinanza del Sindaco del Comune di Tarquinia n. 8194 del 29/10/2011, prot. n. 30609;

Considerato e ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

– Che il Sindacato Italiano Balneari del Comune di Tarquinia (SIB Tarquinia) e xxxxxxxx. ricorrono contro il Comune di Tarquinia per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Tarquinia, che aveva specificamente ordinato:

1. “che l’acqua distribuita in tutto il territorio del Comune di Tarquinia non deve essere utilizzata per il consumo alimentare e potabile dei neonati, dei bambini fino all’età di 3 anni e delle donne in gravidanza”;

2. “che in via precauzionale, l’acqua da bere, in distribuzione non deve essere somministrata ai neonati e ai bambini fino all’età di tre anni”;

3. “che le industrie alimentari presenti nelle zone interessate devono (…) attuare i necessari provvedimenti anche nell’ambito del piano di autocontrollo, affinché l’acqua introdotta come componente integrante e sostanziale nei prodotti finali (acqua intenzionalmente incorporata negli alimenti) non presenti concentrazioni di Arsenico superiori ai limiti stabiliti dal D.L. vo 31/01 (1.mcg/ l) sotto il profilo sanitario”;

– Che con successiva memoria parte ricorrente limita il ricorso alla sola prescrizione normativa contenuta sotto il n. 3 dell’ordinanza impugnata, rinunziando pertanto alla parte della domanda afferente i punti 1) e 2) del provvedimento precedentemente impugnato;

– Che, a tale ultimo riguardo, a giudizio di parte ricorrente l’ordinanza in esame risulta insanabilmente viziata dal fatto che essa pone a carico di imprese private operanti a vario titolo nel settore alimentare (“anche un piccolo e modesto bar”) l’obbligo di adottare provvedimenti e misure esclusivamente di competenza dell’Amministrazione comunale, conseguendone l’illegittimità per l’eccesso di potere, per l’illogicità manifesta, per l’irragionevolezza nonché per l’inidoneità a raggiungere l’obiettivo primario fissato dal D.L.vo. n.31/2001;

– Che parte ricorrente evidenzia altresì che, a seguito della nomina del “Commissario delegato per l’emergenza determinatasi in relazione alla concentrazione di arsenico nelle acque destinate all’uso umano superiore ai limiti di legge in alcuni Comuni del territorio della Regione Lazio” con ordinanza del 28 gennaio 2011, n. 3921, sono state predisposte tre tabelle volte alla individuazione delle aree e quindi alla determinazione in concreto dei lavori e dell’ente (Comune o Regione) incaricato di sopportarne il relativo carico economico, ponendo a disposizione dell’Amministrazione ingenti somme per i necessari interventi, da realizzare previa gara ad evidenza pubblica ed evidenziando in tal modo l’incongruità dell’impugnata ordinanza;

– Che il Comune intimato, costituitosi in giudizio, argomenta la legittimità del proprio operato;

– Che con ordinanza n. 576/2012 questo Tribunale ha negato la richiesta tutela cautelare, anche in ragione delle superiori finalità di tutela della pubblica salute, soprattutto dei soggetti più esposti ed indifesi come i bambini;

– Che a giudizio del Collegio l’impugnata ordinanza attiene alle funzioni e alle competenze svolte dal Comune resistente con riguardo alla gestione del servizio delle risorse idriche, affidato alla società per azioni pubblica denominata “Talete — Gestioni S.I.I.A.T.O — S.p.A.” dalla quale riceve l’acqua corrispondendo alla medesima un prezzo;

– Che, in particolare, il Comune di Tarquinia gestisce il servizio di acquedotto nel proprio territorio effettuando tutte le manutenzioni ed i controlli necessari, ed ha quindi adottato l’impugnato provvedimento quale dovuta e vincolata conseguenza dell’accertata eccessiva concentrazione di arsenico nell’acqua rispetto a quanto previsto dalle normative, con le inevitabili e gravi conseguenze a carico della popolazione al fine di tutelare il prevalente interesse pubblico alla tutela della salute e della incolumità dei cittadini, ;

– Che, a giudizio del Collegio, non emerge alcuna illogicità nell’ordinanza impugnata che, in presenza di enti ed autorità che hanno riscontrato una presenza di arsenico superiore ai limiti di legge, considerato che gli interventi necessari al fine di ristabilire le giuste concentrazioni di arsenico avrebbero richiesto tempo data la complessità dell’intervento da effettuare sulla rete di distribuzione dell’acqua e la scarsità di risorse finanziarie necessarie per realizzare il suddetto intervento, ha disciplinato gli impieghi della risorsa idrica per usi alimentari, al fine di tutelare doverosamente l’interesse pubblico della tutela della salute e dell’incolumità della collettività, adottando un atto dovuto e privo di margini di discrezionalità, e quindi immune dal dedotto vizio di violazione di legge con riguardo alla violazione di norme sul procedimento o sulla forma;

– Che lo stesso Comune si è coerentemente attivato al fine di ricondurre la concentrazione di arsenico nell’acqua entro i limiti previsti dal D. Lg.s. n. 31/2001 nel più breve tempo possibile;

– Che il ricorso deve pertanto essere respinto, e che le spese devono seguire la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo;

Come abbiamo già sottolineato siamo già felici del risultato raggiunto, visto che il ricorso ha prodotto il risultato di aver riportato l’acqua a Tarquinia lido nei limiti di legge. Ma siamo pronti comunque ad impugnare il ricorso al Consiglio di Stato per chiedere di entrare nel merito della sostanza del ricorso: Le tecnologie da usare non hanno normative certe, inoltre appare ingiusto mettere sulle spalle e a spese dell’esercente un dearsenificatore che deve essere una conquista della città, non del singolo bar, ristorante.

Il nostro paese fa turismo e nelle case non  ci sono dearsenificatori, oltre l’Imu e tutte le tasse vogliono proprio cacciarli tutti i turisti?

Marzia Marzoli