Civitavecchia: Energia dal carbone, a quale costo?

 

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Civitavecchia: Energia dal carbone, a  quale costo?

La lotta contro la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord (TVN) di Civitavecchia risale al gennaio del 2001, data di nascita a Civitavecchia del primo Comitato per il No al carbone, immediatamente dopo l’annuncio da parte di Enel di voler riconvertire a carbone la centrale di Torre Valdaliga Nord nel dicembre del 2000.

Malgrado il peso ambientale subito dal territorio, nel dicembre del 2000 l’Enel Produzione s.p.a. ha proposto un intervento di quasi completa demolizione dell’esistente impianto di TVN, e la sua totale ricostruzione per l’alimentazione a carbone.

I dati sula salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia, dopo 25 anni di operatività, a partire dal 1962, delle diverse centrali Torre Valdaliga Sud, (con quattro gruppi termoelettrici, di cui uno da 200 Megawatt e tre da 320 Megawatt), Torre Valdaliga Nord, (con quattro gruppi termoelettrici da 660 Megawatt, ad olio combustibile e una ciminiera multi-camino di 250 metri di altezza), erano già allarmanti: Civitavecchia era al primo posto nel Lazio e al terzo in Italia per mortalità causata da tumori ai polmoni, alla trachea e ai bronchi, con leucemie e linfomi diffusi in maniera nettamente superiore rispetto alla media nazionale.

Questo era la situazione sanitaria in cui si inserisce la scelta del carbone: Oltre agli impatti diretti sul sistema respiratorio, le centrali a carbone sono inoltre tra le principali responsabili delle emissioni di mercurio, arsenico e di polveri fini nell’aria. Il mercurio contenuto nel carbone è fino a 150 volte maggiore di quello contenuto nell’olio combustibile. Questo espone la popolazione al rischio d’inquinamento da mercurio con gravi effetti sulla salute umana e soprattutto sul sistema nervoso in via di sviluppo (feto, neonato e bambino).

La centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord è circondata da un territorio a forte vocazione agricola e turistica, custode di tesori ambientali e culturali riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità (Tarquinia e Cerveteri). Nonostante tutto ciò, la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord ha ricevuto un giudizio di compatibilità ambientale positivo ed è stata autorizzata il 24 dicembre 2003.

Da allora, si sono succeduti dieci anni di battaglie amministrative, con ripetuti ricorsi da parte dei cittadini di Civitavecchia e del comprensorio, ricorsi al Tar, Consiglio di stato, richiesta di riesame del decreto autorizzativo, numerosi reclami, esposti alla procura, alcuni ancora in corso.

La storia politica del si al carbone ha inizio il 25 Marzo 2003, un giorno memorabile per Civitavecchia: in un burrascoso Consiglio Comunale in cui si è votata la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord, a pochi mesi di distanza dall’ iniziale no al carbone dello stesso consiglio comunale.

Motivano il loro sì alla riconversione con le stesse parole di Storace: “Non si può rinunciare a 3mila miliardi di investimenti dell’Enel sulla città”. Hanno dato il loro assenso per difendere l’occupazione, di chi?

L’Alto Lazio, vanta però un cinquantennale polo energetico, significa, una vera e propria colonizzazione su un territorio artatamente e metodicamente preparato a essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze, prima ancora che nelle sue risorse naturali. Protagonista l’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, Comuni in testa, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, che ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversate nelle casse dei comuni.

Un territorio dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, per leucemie e linfomi e quant’altro sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 30 per cento. Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio di azione di una servitù energetica, figuriamoci a carbone.

Ci si sente ripetere che la politica si deve misurare con la vita reale dei cittadini. Ebbene le vite reali e materiali dei cittadini in questo territorio, come in tanti altri dove Enel ha insediato i propri impianti energetici, “rientrano” in quelle percentuali di mortalità e morbilità per tumore bronchiale e pleurico, per asme e allergie o per insufficienza renale cronica. Tutti aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale, come dichiarato a suo tempo dal ministero dell’Ambiente e da quello della Salute.

Vite materiali su cui la riconversione a carbone, falsamente definito “pulito”, sta riversando tonnellate di veleni. Ma il vero partito del No non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, ma quegli stessi che ci definiscono così. Sono loro in quanto partito del No alla vita, partito trasversale della “rinuncia”.

Nell’estate del 2012 Civitavecchia balza agli onori della cronaca Nazionale, con le dichiarazioni del neo sindaco Tidei,” che minacciava entro agosto la chiusura della centrale Enel”. Le dichiarazioni sono lanciate affinchè Enel intenda, visto l’approssimarsi della convocazione della conferenza dei servizi per il rinnovo dell’AIA, dove il sindaco del comune ospitante, l’unico in grado di chiudere l’impianto per tutelare la salute.

Così dopo il caso dell’AIA rilasciata all’Ilva arriva il turno dell’impianto a carbone di Civitavecchia.

La conferenza dei servizi si è tenuta il 12 Marzo 2013, precedute da ulteriori dichiarazioni ultra ambientaliste del Sindaco Tidei, che ripeteva alle associazioni ambientaliste di aver fatto proprie le prescrizioni sottoscritte da migliaia di cittadini in una petizione popolare, consegnata prima della conferenza.

I dati Enel dimostrano che la centrale di TVN di Civitavecchia con i suoi tre gruppi a carbone emette in atmosfera, ogni anno 2100 t/a di SO2, 3450 t/a di NOx e 260 t/a di polveri, questo è l’inquinamento massiccio che la conferenza dei servizi andrà a discutere, che la delegazione dei Medici e Tecnici del Movimento non coke Alto Lazio chiederà di abbassare, con l’adeguamento dell’impianto alla normativa europea.

Sarà ricordato inoltre che nel “Rapporto 2011”, pubblicato dall’Osservatorio Ambientale per Torrevaldaliga Nord della Regione Lazio, “La popolazione residente nel solo comune di Civitavecchia nel periodo 2006-2010 presenta un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni  in eccesso di circa il 10% rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo. Tale eccesso viene confermato tra gli uomini residenti nell’area allargata”.

La delegazione, in audizione pre-conferenza ha trasmesso ai membri della commissione, le osservazioni con le criticità al parere istruttorio, insieme allo studio commissionato da Greenpeace a SOMO, istituto di ricerca indipendente no profit, i cui dati sono stati riconosciuti come conformi alla realtà dal Tribunale di Roma, dove si evidenzia che “la produzione termoelettrica a carbone di Enel è causa, in Italia, di una morte prematura al giorno e di danni al Paese stimabili in circa 2 miliardi di euro l´anno; mentre in Europa quella stessa produzione causa quasi 1.100 casi di morti premature l´anno e danni per 4,3 miliardi di euro.”

 

–        I cittadini chiedevano l’inserimento delle prescrizioni sui i limiti emissivi di  50 mg/Nm3 per il monossido di carbonio, risultato ottenibile applicando le Migliori Tecniche Disponibili individuate dall’Unione Europea;

–        l’utilizzo di carbone con contenuto di zolfo inferiore allo 0,3% come previsto dal Piano di Risanamento della Qualità dell’aria della Regione Lazio;

–        il mantenimento della capacità produttiva e del consumo di materie prime come dichiarati nel 2003 in sede di prima autorizzazione, in sintesi: un massimo di 6.000 ore all’anno di funzionamento a pieno regime e 3.600.000 tonnellate di carbone;

 

Oltre il danno anche la beffa! La conferenza ha accolte tutte le pretese di Enel ad esclusivo beneficio del conto in banca degli azionisti e la centrale, solo per citare alcuni dati, potrà funzionare al massimo carico per 7.500 ore all’anno (312 giorni invece che i 250 dichiarati nel 2003), bruciare 4.500.000 tonnellate all’anno di carbone (quindi 900.000 tonnellate in più di quelle previste), utilizzare carbone con percentuale di zolfo fino ad oltre tre volte superiore a quella consentita dal Piano Regionale di Qualità dell’Aria, emettere una quantità massima di 120 mg/Nm3 di monossido di carbonio – quindi ben più del doppio della quantità attesa con l’utilizzo delle Migliori Tecniche Disponibili, mantenendo invariato il limite annuo consentito di emissioni di anidride solforosa (2.100 tonnellate) e ossidi di azoto (3.450 tonnellate).

Il sindaco Tidei, ha svilito il potere/dovere conferitogli dal R.D. 27 luglio 1934 n°1265, ha prescritto unicamente l’abbassamento della quota massima di emissioni delle polveri, portandola a 160 tonnellate/anno dalle 260 previste finora, proponendo una riduzione, peraltro l’unica sulla quale l’Enel si era dichiarata disponibile a trattare, di carattere più che altro scenografico, se solo si considera che l’intero impianto a pieno regime nel 2011 ha prodotto – sempre secondo i dati  rilevati dall’Enel e approvati dalle autorità competenti – un totale di 55 tonnellate di polveri, ovvero circa un terzo del limite che il sindaco ha “imposto”, con “severità” memorabile, nella conferenza dei servizi.

Per quanto riguarda la fissazione del 2034 come data di chiusura dell’impianto (anche qui nel pieno rispetto delle indicazioni di Enel sul ciclo di vita della centrale), qualsiasi persona mediamente dotata di buon senso non possa che considerarla, più che una prescrizione, una profezia da cartomante.

Rimane veramente grave, che il Sindaco, ma anche gli altri enti rappresentati in Conferenza dei Servizi, abbiano perso un’importante occasione per ridurre il carico inquinante sul nostro territorio che già cosi pesantemente sta pagando gli effetti degli oltre 50 anni di servitù energetica ma ancor più grave che si spacci come vittoria storica l’accettazione passiva della maggior parte delle richieste ENEL.

Accettazione che, invece, faciliterà le trattative sulle compensazioni economiche che il Comune sta conducendo con l’ente elettrico e che passano, ancora una volta, sulla pelle e la  salute della popolazione di Civitavecchia e dell’Alto Lazio.

Movimento No Coke Alto Lazio