Maremma sotto attacco: L’Autostrada tirrenica è un caso di “pseudo colonialismo”

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“Chi siete? Cosa portate? Ma quanti siete? Un fiorino!” chiede il doganiere a Troisi in “Non ci resta che piangere” e, secondo Daniela Pasini del Coordinamento Comitati ambientalisti della Provincia di Grosseto, più o meno questo accadrà quando si attraverserà il “granducato SAT” (quello della Società Autostrada Tirrenica). Ciò che oggi è gratuito costerà ben più di un fiorino. Ad esempio non basteranno 20 euro per andare da Grosseto a Cecina, appena 120 km (fonte NO SAT). È quindi ipotizzabile che da Civitavecchia l’importo raddoppierà con conseguenti aumenti di costi su tutte le merci in transito e nessun vantaggio per le economie locali.

Sono queste solo alcune delle considerazioni emerse in questo nuovo appuntamento informativo a Montalto di Castro dove Italia Nostra con il Coordinamento dei Comitati e associazioni ambientali della provincia di Grosseto ed il patrocinio del Comune (presente il sindaco Sergio Caci), ha tentato di far luce sui misteri di una grande opera inutile per le popolazioni, come il completamento dell’A12, e su quell’insieme di impianti, dal biogas alle gigantesche torri eoliche, che peggiorano l’ambiente. Un consumo scellerato del suolo sta minando infatti non solo l’immagine della Maremma laziale e toscana conosciuta in tutto il mondo ma anche l’economia basata sul turismo.

Sono questi i segni più evidenti del progressivo degrado, un colpo alla bellezza del paesaggio che Nicola Caracciolo, presidente onorario di Italia Nostra Toscana, definisce un caso di “pseudo colonialismo”. Non trovano giustificazioni economiche diverse gli oltre 1,8 miliardi di euro (tanto costerà completare l’autostrada A12) né nel traffico attuale né in quello futuro e neanche nel sostegno delle popolazioni. Sono incomprensibili le ragioni per cui Banca Monte dei Paschi di Siena partecipi per il 14,98% al capitale SAT. E allora perché questa grande opera? La spiegazione è racchiusa nel perimetro: corruzione, tangenti e politica. Fenomeni noti che vedono l’Italia ben piazzata a livello mondiale a cui, volutamente, i partiti hanno dato una risposta stonata.

Per Marzia Marzoli del Movimento No Coke di Tarquinia è difficile condividere le scelte che hanno comportato la rinuncia a una strada gratuita quale l’Aurelia. Se non era più rinviabile affrontare il problema alla mancanza di sicurezza su tutti gli attraversamenti a raso da Grosseto Sud all’allaccio con l’A12 a Civitavecchia, non occorreva certo buttare qualche miliardo di euro per sanare la situazione. C’è la viabilità secondaria, costituita dalle cosiddette complanari, che non riuscirà a far fronte alla presenza contemporanea di trattori, mezzi agricoli e di tutti gli automobilisti alla ricerca di qualche risparmio.

Ma l’incubo della Maremma non si chiama solo autostrada. Michele Scola presidente di Italia Nostra di Grosseto così come Paolo De Rocchi di Viterbo denunciano il consumo di territorio di qualità (ogni secondo in Italia scompaiono 8 mq) dovuti a un’edilizia selvaggia e speculativa. Ma un contributo rilevante arriva dall’installazione di pannelli fotovoltaici ovunque, cambiando in peggio il paesaggio. I pannelli fotovoltaici dovrebbero essere posizionati su tetti di abitazioni, capannoni, uffici pubblici e privati, non certo al posto di pascoli e colture di pregio.

 

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da sinistra: Marzia Marzoli, Nicola Caracciolo, Gianni Mattioli

Questa corsa alle energie rinnovabili, per il 65% in mano alla criminalità organizzata, sta consentendo diinstallare nel viterbese torri eoliche alte sino a 185 metri d’altezza con giranti larghe quanto un campo di calcio. Ma non siamo nel Mare del Nord o nel Baltico, qui il vento è in azione per poco più di 50 giorni l’anno. Così appare sensata la domanda di Elena Hagi di ReSet Tuscania su come si giustifichino migliaia di ettari per l’eolico, in aree agricole importanti e di immenso valore paesaggistico. Tutte sacrificate per ricavare qualche punto percentuale del fabbisogno nazionale da immettere su una rete distributiva che è un esempio di dispersione. Agli interrogativi posti dall’associazione su questi aspetti, né il gestore nazionale né Terna hanno fornito risposte.

Intanto il conto per le famiglie per l’energia elettrica rimane tra i più cari in Europa e sono gli utenti italiani a finanziare, con le bollette, gli investimenti nelle rinnovabili sia quelle vere che quelle spacciate per tali da una legge che ignora i principi della fisica e della termodinamica. Ma questo della green economy e dei forti incentivi di cui gode è anche un nuovo terreno di espansione per le organizzazioni mafiose. Simona Ricotti del Forum ambientalista ricorda che il Lazio è la quinta regione per diffusione delle organizzazioni mafiose alla ricerca di opportunità per riciclare i proventi delle attività criminali più tradizionali. Di questi aspetti si era interessato anche Daniele Camilli, giornalista e autore di “La mafia a Viterbo, che aveva indagato su numerosi casi di agricoltori che, in difficoltà per la crisi, erano stati contattati da individui che proponevano di rilevare le proprietà offrendo molto di più del reale valore dei terreni.

Maremma sotto attacco significa anche salute a rischio per le popolazioni. E, secondo Mauro Mocci, di ISDE-Associazioni Medici per l’Ambiente, c’è motivo per preoccuparsi. Ci troviamo tra due fuochi: da una parte il CSS (ovvero il Combustibile Solido Secondario-Combustibile) dall’altra il biogas che si sta diffondendo con piccoli impianti che non richiedono autorizzazioni e controlli. In realtà il CSS è un rifiuto che viene ottenuto da una lavorazione successiva di rifiuti urbani e (persino) di rifiuti speciali, purché non pericolosi. Ma alla fine, dentro il CSS finiscono anche pneumatici e simili. Centrali elettriche e cementifici emetteranno diossine e furani, la cui pericolosità è nota ormai da mezzo secolo.

Apparentemente più subdolo il biogas. Di bio c’è poco, almeno in quegli impianti apparentemente piccoli (1 MW) che stanno sorgendo come funghi. Ma cosa ci finisce dentro? Tutto o quasi: dalle biomasse da colture trattate con anticrittogamici (perché non destinate all’alimentazione!) a liquami e fanghi da depurazione. Il tutto trattato in assenza di aria (processo di digestione anaerobica) per ottenere un gas simile al fossile che una volta bruciato produrrà però formaldeide, acido cloridrico e polveri ultrasottili. Insomma per il dottor Mocci l’unico processo sicuro e meritevole della definizione di rinnovabile è quello ottenibile dalla degradazione, in presenza di ossigeno, di rifiuti alimentari per ottenere compost.

Ma c’è una via d’uscita positiva per la Maremma? Forse il fatto di diventare patrimonio mondiale Unesco. A suggerirlo è Gianni Mattioli, già docente alla Sapienza, esponente storico dei Verdi e oggi membro del Comitato scientifico Dess Unesco. Una crisi senza precedenti, ha generato uno sviluppo economico drogato con una continua rincorsa tra aumenti di produttività e quantità di merci immesse sul mercato. La distribuzione della ricchezza è assolutamente iniqua. Inutile aspettarsi la ripresa dalle attività tradizionali. Inutile quindi brutalizzare ancora la Maremma con un’autostrada con corsie e complanari quando il mercato dell’auto è saturo. E anche l’Europa chiede che le merci viaggino su navi e ferrovie e non sulle strade, evitando ulteriore inquinamento e aggravi di costi. È solo se si parte da qui che l’autostrada diventa un’opera inutile, il simbolo di un investimento a ritorno zero.

 

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Jannik Splidsboel, regista di Days in Maremma

Potrà finire la folle corsa dell’Autostrada tirrenica? Forse sì ma non dipenderà tanto dai politici ormai in stato confusionale, quanto dai cittadini se riusciranno almeno a carpire qualche informazione dalla disinformazione globale. La salvaguardia del territorio è l’unico asset disponibile, un concetto che non sembra però trovare molti proseliti.

Eppure uno c’è di sicuro. Non è un italiano, ma ha capito tutto degli italiani. Si chiama Jannik Splidsboel, ed è il regista danese del film-documentario “Days in Maremma” proiettato a conclusione della manifestazione.

Costato tre anni di lavoro, Days in Maremma è ambientato a Montebello, una frazione del comune di Tuscania, nel Lazio, a pochi chilometri dal confine con la Toscana. Il piccolo paese è attraversato da una crisi economica senza precedenti che ha messo a dura prova anche i mestieri tradizionali. L’arrivo di una multinazionale che vuole coprire buona parte dei terreni con i pannelli solari scatena sentimenti diversi. Il risultato è una galleria straordinaria di colori, stagioni, persone, caratteri, paesaggi, sentimenti, animali nella quale i protagonisti sono gli stessi abitanti. Ritroviamo l’Italia di oggi in crisi d’identità, in crisi di valori. Jannik Splidsboel ha saputo vedere quello che gli italiani ignorano: la bellezza, la natura senza ipocrisie, la consapevolezza di vivere in un luogo straordinario. Ma per quanto tempo ancora?

 Grazie a Giorgio Zintu che ha firmato questo bellissimo “Resume” dell’incontro di sabato 11 Maggio a Montalto